La felicità spiegata da una tribù africana
Chi di noi non vorrebbe essere felice? Oggi andiamo a lezione di felicità in un posto sorprendente. Lascia che ti racconti una storia ...
Un antropologo stava studiando le abitudini e la cultura di una remota tribù africana. Lavorava nel villaggio da un po' di tempo e il giorno prima di tornare a casa, come ringraziamento dell'ospitalità, raccolse in un cesto dei deliziosi frutti e lo mise sotto un albero. Chiamò poi i bambini del villaggio, tracciò una linea nella terra, li guardò e gli disse: "Quando vi dò il via, correte verso l'albero e chi arriva lì per primo vincerà il cesto con i frutti". Quando disse loro di correre, tutti si presero per mano e corsero verso l'albero. Quindi si sedettero attorno al cestino e tutti assieme si misero a mangiare la frutta.
L'antropologo rimase sorpreso. Chiese perché fossero andati tutti insieme quando uno di loro avrebbe potuto vincere e tenere tutto per sè.
Una bambina lo guardò e disse: "Come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi?"
Anni dopo, il noto attivista sudafricano Desmond Tutu e premio Nobel per la pace nel 1984, avrebbe descritto il processo di pensiero della bambina usando la parola ubuntu, che significa "diventiamo quelli che siamo grazie agli altri".
Ecco come Tutu ha spiegato il concetto:
“Gli africani hanno una cosa chiamata ubuntu. Credono che una persona sia una persona attraverso altre persone. Che la mia umanità sia presa, legata, indissolubilmente, alla tua. Quando ti disumanizzo, disumanizzo me stesso. L'essere umano solitario è una contraddizione in termini. Quindi lavorare per il bene comune consente alla sua umanità di manifestarsi nella comunità, nell'appartenenza. "
Nel nostro agire quotidiano ognuno di noi ha i propri obiettivi e la propria missione. Alcuni stanno lavorando per perdere peso e mantenersi in salute. Altri si stanno impegnando per aumentare la massa muscolare. Altri per sentirsi più felici. Ma anche la mamma che si alza per aiutare ancora una volta il figlio o l'impiegato che dà ogni giorno il meglio di sè al lavoro. Ma indipendentemente dalle nostre attività individuali, possiamo raggiungere la nostra piena realizzazione quando cerchiamo di rendere il mondo un posto migliore, non solo diverso. Quando ci mettiamo a disposizione di qualcosa di più grande. Questo significa vivere una vita a pieno; e le persone felici hanno maggiori possibilità di farlo.
Come ci insegna la tribù africana, la felicità viene dalla combinazione di ciò che amiamo fare con qualcosa di significativo.
Avere una missione implica raggiungere un più profondo grado di soddisfazione che rende il sapore della vita più dolce e completo. Significa fare una cosa non perchè va fatta, non perchè fa comodo, non perchè funziona ma perchè è giusta.
Tutti possono avere una missione. E soprattutto non servono ingredienti magici per vivere bene. Le neuroscienze e la psicologia ci sono di grande aiuto perchè ci fanno comprendere i meccanismi che regolano i nostri comportamenti e le nostre scelte.